L’art. 60 del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 prevede che “non può procedersi alla contestazione [all’ente dell’illecito amministrativo dipendente dal reato] quando il reato da cui dipende l’illecito amministrativo dell’ente è estinto per prescrizione”. A questo riguardo, la Suprema Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui “la dichiarazione di prescrizione del reato presupposto non incide sulla perseguibilità dell’illecito amministrativo già contestato”, infatti, secondo la pronuncia in oggetto, la norma appena richiamata “impedisc[e] unicamente all’accusa di procedere alla contestazione dell’illecito amministrativo ma non impedisc[e] di portare avanti il procedimento già incardinato”. Ciò in ogni caso non toglie che “la condanna per la responsabilità amministrativa, ancorché autonoma processualmente dalla condanna per la responsabilità penale, presuppone la commissione di un reato, perfetto in tutti i suoi elementi [sicché] il giudizio di responsabilità amministrativa non [può] prescindere dall’accertamento di tutti gli elementi costitutivi del reato”. Da un diverso punto di vista, la Corte di Cassazione ha sancito l’applicabilità della norma di cui all’art. 416 c.p.p. al rito speciale nei confronti dell’ente, come regolato dal D.Lgs. 231/2001, “trattandosi di regole che s’inseriscono in una scansione procedimentale espressamente richiamata dall’art.59 d. Igs. n.231/2001 e che riguardano la garanzia del diritto di difesa”. Pertanto, la richiesta di rinvio a giudizio a carico dell’ente risulterà nulla ove la stessa non sia preceduta dall’invito – rivolto al suo legale rappresentante – a presentarsi per rendere l’interrogatorio ai sensi dell’art.375, comma 3, c.p.p., “qualora la persona sottoposta alle indagini abbia tempestivamente formulato la relativa istanza”.