L’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) sancisce e cristallizza un fondamentale principio di diritto in materia di equo processo: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge”. Analizzando i rapporti fra tale diritto fondamentale e la disciplina nazionale in materia di procedimento sanzionatorio della Banca d’Italia, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio già espresso in passato, secondo il quale tale procedimento sanzionatorio non si porrebbe in contrasto con l’art. 6, par. 1, CEDU, pur non garantendo di per sé analoghi livelli di tutela, in quanto tale principio internazionale “esige solo che, ove il procedimento amministrativo sanzionatorio non offra garanzie equiparabili a quelle del processo giurisdizionale, l’incolpato possa sottoporre la questione della fondatezza dell’‘accusa penale’ a un organo indipendente e imparziale, dotato di piena giurisdizione, come la disciplina nazionale gli consente di fare tramite l’opposizione alla corte d’appello”. Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, la minor tutela offerta nell’ambito del procedimento sanzionatorio della Banca d’Italia risulta essere “sanato” dai presidi garantiti innanzi alla corte d’appello in sede di impugnazione. Infatti, “i principi del diritto di difesa e del giusto processo [sono] riferibili solo al procedimento giurisdizionale” e non alla fase procedimentale dinnanzi l’autorità amministrativa. Più in generale, la Cassazione ha sostenuto che “le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 144 t.u.b. per carenze nell’organizzazione e nei controlli interni non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, [alle sanzioni penali], sicché [non] pongono un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall’art. 6 C.E.D.U.”.