I soci di società di capitali hanno a disposizione svariati modi per apportare risorse economiche (fra cui il denaro) a favore della propria partecipata. Anzitutto, i soci possono sottoscrivere aumenti di capitale deliberati dall’assemblea dei soci, effettuando nuovi conferimenti. Alternativamente, come ribadito dalla pronuncia in oggetto, i soci possono: (a) erogare somme a titolo di finanziamento, ossia secondo il generale schema contrattuale del mutuo, “con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza”, oppure (b) effettuare un versamento avente differente natura (ossia non a titolo di mutuo, bensì di capitale di rischio), “destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva ‘in conto capitale’ (o altre simili denominazioni)“. Con riferimento a queste ultime somme, è stato inoltre precisato che esse possono essere “utilizzate per ripianare le perdite della società, nel caso di abbattimento del capitale o per la sottoscrizione di nuovo capitale e, solo qualora siano stati pagati tutti i debiti, potranno essere restituite ai soci”. A questo proposito, la Cassazione ha confermato che “la qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, e la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, deve trarsi dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi”.