Come noto, i soci di società di capitali hanno a disposizione svariati modi per apportare risorse economiche (fra cui il denaro) a favore della propria partecipata. Infatti, i soci possono, fra l’altro: (i) sottoscrivere aumenti di capitale deliberati dall’assemblea dei soci, effettuando nuovi conferimenti, (ii) concedere somme a titolo di finanziamento, ossia secondo il generale schema contrattuale del mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza (“finanziamento soci”), (iii) effettuare un versamento in vista di un futuro aumento di capitale, ben individuato anche se non ancora deliberato, da eseguirsi entro un dato termine, con l’obbligo della società di restituire le risorse ricevute in caso di mancato aumento di capitale (“versamento in conto futuro aumento di capitale”), (iv) effettuare un versamento avente differente natura (ossia non a titolo di mutuo, bensì di capitale di rischio), destinato a confluire in apposita riserva e senza alcun diritto da parte del socio di vedere restituita le risorse versate (“versamento in conto capitale”). A questo proposito, la Suprema Corte ha chiarito che “nella materia penal-fallimentare, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale”.