La normativa nazionale in materia di prevenzione e sanzione delle condotte di abuso di mercato è stata oggetto di numerose riforme a partire dai primi anni 2000, generando in più occasioni incertezze interpretative e applicative. Recentemente, con il Decreto Legislativo 12 maggio 2015, n. 72 il legislatore ha previsto che talune, assai elevate, sanzioni “amministrative” pecuniarie contenute nel Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza o TUF) fossero ridotte nei loro importi minimi e massimi (come innalzati dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 262), disponendo tuttavia che tale ridimensionamento sanzionatorio avrebbe trovato applicazione solo con riferimento “alle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Consob”. Pronunciandosi su tale quadro normativo, la Corte Costituzionale ha avuto modo di confermare che: (i) anzitutto, le sanzioni “amministrative” pecuniarie di cui agli artt. 187-bis e 187-ter TUF in materia di abusi di mercato hanno natura sostanzialmente “penale”, in quanto nessuna delle due “può essere considerata come una misura meramente ripristinatoria dello status quo ante, né semplicemente mirante alla prevenzione di nuovi illeciti [avendo invece una] elevatissima carica afflittiva […] destinata, nelle intenzioni del legislatore, a eccedere il valore del profitto in concreto conseguito dall’autore”; (ii) per tale ragione, le sanzioni ridotte per mano del D.Lgs. 72/2015 devono trovare applicazione retroattivamente, anche nei riguardi di eventuali violazioni commesse prima dell’entrata in vigore sia delle disposizioni adottate dalla Consob, sia dello stesso D.Lgs. 72/2015, infatti “la scelta del legislatore di derogare la retroattività dei nuovi e più favorevoli quadri sanzionatori […] sacrifica irragionevolmente il diritto degli autori dell’illecito […] di vedersi applicare una sanzione proporzionata al disvalore del fatto, secondo il mutato apprezzamento del legislatore”.