Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 non si esprime sulla possibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’ente, disponendo genericamente che, da un lato, “per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme [del Capo III del D.Lgs. 231/2001] nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271” (art. 34) e, dall’altro, “all’ente si applicano le disposizioni processuali relative all’imputato, in quanto compatibili” (art. 35). Su tale possibilità la giurisprudenza non è concorde e nel tempo ha raggiunto soluzioni divergenti. Recentemente, il Tribunale di Trani ha ammesso tale possibilità, infatti “il legislatore, sul punto, non è rimasto silente, ma ha espressamente individuato un sistema di rinvio ricettizio alle disposizioni generali sul procedimento in base a quanto disposto dagli artt. 34 e 35, di talché deve escludersi che debba farsi ricorso all’analogia”. Peraltro, il fatto che l’art. 17 del D.Lgs. 231/2001 faccia riferimento al risarcimento da parte dell’ente dei danni cagionati e delle conseguenze dannose e pericolose causate “si traduce nel diritto delle persone offese o danneggiate di esercitare l’azione risarcitoria diretta nei confronti dell’ente, per fatto proprio, diversa dall’azione indiretta, esercitata nei suoi confronti quale responsabile civile”.