Come noto, l’art. 2407, comma 2, c.c. prevede che i sindaci “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”. A tale proposito, la Suprema Corte ha recentemente chiarito alcuni principi in materia di responsabilità dei sindaci, fra i quali, principalmente: (a) il corretto e diligente comportamento dei sindaci “non può esaurirsi nel solo espletamento delle attività specificamente indicate dalla legge, ma comporta l’obbligo di adottare ogni altro atto che sia necessario per l’assolvimento dell’incarico, come la segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate e financo, ove ne ricorrano gli estremi, la denuncia al P.M.”; (b) la presenza di gravi irregolarità ed illegittimità poste in essere da parte degli amministratori, come anche l’insufficienza dei rimedi interni alla società, non possono determinare di per sé “la non imputabilità all’organo sindacale del fatto impeditivo dell’efficace adempimento del dovere di controllo sull’amministrazione della società”. Con riferimento alle dimissioni dei sindaci in presenza, e quale conseguenza, di gravi irregolarità gestorie, la pronuncia in oggetto ha ribadito un recente orientamento secondo cui “le dimissioni non sono certo idonee ad esimere da responsabilità, quando […] non siano accompagnate anche da concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti, per la pregnanza degli obblighi assunti dai sindaci proprio nell’ambito della vigilanza sull’operato altrui, e perché la diligenza impone piuttosto un comportamento alternativo”.