Alcuni mesi fa, a seguito di gravi contrasti con il socio di maggioranza, la società francese Vivendi ha incrementato la propria partecipazione di minoranza qualificata nel capitale di Mediaset, senza tuttavia arrivare a controllarla. Quest’ultima, alla luce del parallelo rapporto di collegamento fra Vivendi e Telecom Italia, ha presentato una denuncia all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) asserendo la violazione del Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici – TUSMAR), in particolare della disposizione che vieta a un’impresa di conseguire ricavi superiori al 10% dei ricavi complessivi del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), qualora tale impresa detenga una quota superiore al 40% dei ricavi complessivi del settore delle comunicazioni elettroniche. A seguito dell’accertamento da parte dell’AGCOM della violazione del TUSMAR da parte di Vivendi, quest’ultima ha presentato un ricorso al TAR Lazio, che ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) per la determinazione della compatibilità di tale normativa con l’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ove si prevede che “le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate”. A questo riguardo, la Corte ha concluso che “l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro che ha l’effetto di impedire ad una società registrata in un altro Stato membro, i cui ricavi realizzati nel settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai fini di tale normativa, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo”. Infatti, la “restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale”, come tutela del pluralismo dell’informazione e dei media, ma nel caso di specie il limite previsto dal TUSMAR “non può essere considerata idonea a conseguire l’obiettivo da essa perseguito, giacché fissa soglie che, non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa sia effettivamente in grado di influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media”.
Vivendi SA v. Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – Causa C 719/18