La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito alcuni importanti principi di diritto in materia di procedimento e sanzioni amministrative nei confronti degli esponenti aziendali degli enti creditizi. Anzitutto, la Suprema Corte ha confermato che – con riferimento al procedimento applicabile in relazione alle sanzioni amministrative previste dal Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario o TUB) – il rispetto dei principi del contraddittorio e della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie “non comporta la necessità che gli incolpati vengano ascoltati durante la discussione orale innanzi all’organo decidente […] essendo sufficiente che a quest’ultimo siano rimesse le difese scritte degli incolpati ed i verbali delle dichiarazioni rilasciate, quando gli stessi chiedano di essere sentiti personalmente”. Dal punto di vista sostanziale, la pronuncia in oggetto ha ricordato che: (i) le sanzioni amministrative “per carenze nell’organizzazione e nei controlli interni non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, a quelle irrogate dalla Consob [in materia di abusi di mercato] sicché esse non hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a queste ultime, né pongono, quindi, un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall’art. 6 C.E.D.U.”; (ii) con riferimento all’onere della prova, “grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dall’art. 3 della legge n. 689/1981, l’onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza”.