Come noto, l’art. 2383, comma 3, c.c. prevede che gli amministratori di società per azioni “sono revocabili dall’assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il diritto dell’amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa”. In relazione alla nozione di “giusta causa” di revoca, la Cassazione ha ripreso e confermato alcuni propri precedenti ad avviso dei quali: (a) essa “consiste nell’esistenza di circostanze sopravvenute, anche non integranti inadempimento, siano o no provocate dall’amministratore, le quali pregiudicano l’affidamento nel medesimo ai fini del migliore espletamento dei compiti della carica, e dunque nella compromissione del ‘rapporto fiduciario’”; (b) così che è “necessario che sia compromesso il rapporto di fiducia, in ragione di fatti contestati integranti un grave inadempimento o una condotta contraria a correttezza, tali da pregiudicare il pactum fiduciae”; (c) pertanto “non sono sufficienti mere divergenze o attriti con gli altri amministratori, ove si tratti di contrasti rientranti nella normale dialettica del consiglio di amministrazione, da risolversi all’interno di tale organo collegiale”. Inoltre, si richiede che le ragioni integranti la giusta causa di revoca siano “specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori”. Con specifico riferimento alla questione dell’applicabilità dello “spoils system” alle società quotate partecipate da enti pubblici, la pronuncia in oggetto ha ribadito che: (i) la giusta causa di revoca non può essere integrata da “motivi latamente politici (il cambio di maggioranza politica nel governo dell’ente pubblico socio)”; (ii) “l’amministratore revocato dall’ente pubblico, come l’amministratore revocato dall’assemblea dei soci, può chiedere al giudice ordinario solo la tutela risarcitoria per difetto di giusta causa, a norma dell’art. 2383 cod. civ., non anche la tutela ‘reale’ per reintegrazione nella carica, in quanto l’art. 2449 cod. civ. assicura parità di ‘status’ tra amministratori di nomina assembleare e amministratori di nomina pubblica”.