Come noto, da un lato, l’art. 2352, comma 6, c.c. (applicabile alle società a responsabilità limitata ai sensi dell’art. 2471-bis c.c.) prevede che “salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli [di voto e di opzione] spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all’usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode”; dall’altro, l’art. 2476, comma 2, c.c. prevede che “i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”. Pronunciandosi sulla lettura combinata di tali norme, in relazione all’ipotesi del sequestro di quote di partecipazione, il Tribunale di Roma ha recentemente concluso che deve riconoscersi una “legittimazione concorrente tra soci e creditore pignoratizio all’esercizio dei diritti amministrativi connessi alla quota […] diversi da quelli previsti dall’art. 2352 c.c.”. In particolare, tale conclusione è stata raggiunta in base al seguente argomento: “la permanenza in capo al socio dei diritti amministrativi (diversi da quelli espressamente menzionati dall’art. 2352 c.c.) e, in particolare, per quello che qui interessa, del diritto di controllo ex art. 2476, secondo comma, c.c. si giustifica sulla base della considerazione che la “dissociazione” tra la titolarità della partecipazione sociale con i connessi diritti e la legittimazione all’esercizio degli stessi costituisce ipotesi di carattere assolutamente eccezionale che, di conseguenza, può trovare applicazione solo nelle ipotesi specificamente previste dal legislatore”.