La Direttiva 2004/25/CE ha introdotto regole comuni applicabili nel mercato interno europeo in materia di offerte pubbliche di acquisto. In particolare, l’art. 5, par. 4, della Direttiva individua alcuni limiti e criteri per la determinazione del “prezzo equo” di offerta, lasciando spazio ad alcune discrezionalità degli Stati Membri. A questo proposito, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha recentemente confermato che: (a) l’art. 5, par. 4, della Direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede tre metodi per determinare il prezzo equo al quale l’offerente deve acquistare le azioni di una società, tra i quali il metodo risultante dall’applicazione dell’art. 5, par. 4, primo comma, della Direttiva, e che impone di utilizzare sempre quello che dà luogo al prezzo più elevato, a condizione che i metodi di determinazione del prezzo equo diversi da quello risultante dall’applicazione di tale articolo 5, par. 4, primo comma, siano attuati dall’autorità di vigilanza, nel rispetto dei principi generali fissati all’art. 3, par. 1, nonché in circostanze e secondo criteri determinati da un quadro normativo chiaro, preciso e trasparente; (b) l’art. 5, par. 4, secondo comma, della Direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale prevede che, ai fini di un’offerta pubblica di acquisto, il valore dell’azione sia ottenuto dividendo gli attivi netti della società emittente, compresa la partecipazione di un azionista di minoranza, la quale, di conseguenza, non dà il controllo, per il numero di azioni emesse, a meno che non si tratti di un metodo di fissazione del prezzo dell’azione fondato su un criterio oggettivo di valutazione generalmente utilizzato nell’analisi finanziaria che possa essere considerato «chiaramente determinato» ai sensi di tale disposizione, circostanza che deve essere verificata dal giudice del rinvio; (c) la Direttiva deve essere interpretata nel senso che essa conferisce, nell’ambito del procedimento di offerta pubblica di acquisto, diritti all’offerente, idonei ad essere attuati nell’ambito di un’azione di responsabilità dello Stato; (d) il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora la responsabilità di uno Stato Membro sia sorta per danni causati da una violazione di una norma di diritto dell’Unione mediante una decisione di un’autorità amministrativa di tale Stato, il risarcimento del danno materiale che ne deriva possa essere limitato al 50% dell’importo di tale danno.
Euromin Holdings (Cyprus) Limited v. Finanšu un kapitāla tirgus komisija – Causa C 735/19