La Suprema Corte si è recentemente pronunciata con riferimento alla condotta illecita nota come “abuso della maggioranza” o “abuso di potere” in ambito societario e, in particolare, in sede assembleare. È infatti noto che i soci in grado di determinare l’esito di una deliberazione assembleare (in genere il socio di maggioranza assoluta), pur godendo di ampia discrezionalità nell’esercizio dei diritti di voto di cui sono titolari, devono comunque agire secondo buona fede, in applicazione dei principi generali di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. A questo proposito, la pronuncia in oggetto ha chiarito che: (i) la delibera, nel caso di specie di aumento del capitale, “costituisce, ad un tempo il momento consumativo dell’illecito e quello di produzione del danno”, infatti l’eventuale successiva alienazione delle azioni “ad un prezzo notevolmente inferiore al loro valore reale, costituisce […] non già il momento di produzione del danno […] bensì l’adempimento [dell’]onere, gravante sul danneggiato, di ridurre le conseguenze dannose dell’illecito (art. 1227, secondo comma, cod. civ.)”; (ii) se all’aumento del capitale sociale (nel caso di specie “elevatissimo”) consegue una “sostanziale svalutazione” del valore delle azioni detenute dal socio di minoranza, il danno si produce nella sfera patrimoniale di quest’ultimo per il fatto dell’esecuzione dell’aumento e non richiede necessariamente la monetizzazione delle azioni “a prezzo inferiore al loro valore reale” per ragioni di necessità. La Suprema Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: “in materia societaria, in caso di illecito consistente nell’abuso di maggioranza, concretatosi in un aumento del capitale sociale non sottoscrivibile dal socio di minoranza per il suo preesistente stato di impotenza finanziaria, il danno risarcibile si produce, prima dell’alienazione dei titoli ad un terzo a prezzo inferiore al loro valore reale, nel momento e per effetto della delibera di aumento del capitale sociale, in conseguenza della sostanziale svalutazione del valore delle partecipazioni societarie dal medesimo detenute, derivante dall’aumento di capitale sociale deliberato dalla maggioranza”.