Ai sensi dell’art. 2407 c.c., “i sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico”, restando inteso che “essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”. In relazione a tale disposizione, la Corte di Cassazione ha confermato che i presupposti di quest’ultima ipotesi di responsabilità, concorrente con quella degli amministratori, sono i seguenti: (i) la commissione da parte degli amministratori di un atto di mala gestio in violazione dei propri doveri; (ii) la derivazione causale da tale atto di un danno a carico in capo alla società ai sensi dell’art. 2393 c.c., ovvero ai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c.; (iii) la mancata vigilanza dei sindaci sull’operato degli amministratori, in violazione dei doveri posti a loro carico dalla legge; (iv) la derivazione di un danno dall’omessa o inadeguata vigilanza sull’operato degli amministratori da parte dei sindaci. Con particolare riferimento al requisito del nesso causale, la Corte ha ricordato che, “perché sussista il nesso di causalità ipotetica tra l’inadempimento dei sindaci ed il danno cagionato dall’atto di mala gestio degli amministratori, nel senso che possa ragionevolmente presumersi che, senza il primo, neppure il secondo si sarebbe prodotto, o si sarebbe verificato in termini attenuati, è necessario che il giudice, di volta in volta, accerti che i sindaci, riscontrata la illegittimità del comportamento dell’organo gestorio nell’adempimento del dovere di vigilanza, abbiano poi effettivamente attivato, nelle forme e nei limiti previsti, gli strumenti di reazione, interna ed esterna, che la legge implicitamente od esplicitamente attribuisce loro, privilegiando, naturalmente, quello più opportuno ed efficace a seconda delle circostanze del singolo caso concreto”.