La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito alcuni punti fermi in merito alla natura e alle caratteristiche del rapporto che lega l’amministratore alla società. In particolare, nella pronuncia in oggetto è stato confermato che: (i) il rapporto fra l’amministratore e la società deve essere ricondotto nell’ambito dei “rapporti societari”, sicché l’amministratore è legato alla stessa da un rapporto di tipo societario di “immedesimazione organica” tra persona fisica ed ente; (ii) l’immedesimazione organica può aver rilievo nei rapporti con i terzi, ma nei rapporti interni effettivamente sussiste una relazione obbligatoria tra soggetti del tutto distinti tra loro; (iii) non è escluso che si instauri, tra persona fisica ed ente, un “autonomo, parallelo e diverso rapporto che assuma […] le caratteristiche di un rapporto subordinato, parasubordinato o d’opera”; (iv) tenuto conto di ciò, “non si applicano né l’art. 36 Cost. né l’art. 409, comma 1, n. 3) c.p.c.”, motivo per cui “è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni”; (v) il diritto al compenso viene a esistenza con accettazione della carica (si tratta in particolare di un “diritto soggettivo perfetto”), è disponibile dalle parti e perciò “derogabile da una clausola dello statuto o da una delibera assembleare che sancisca la gratuità dell’incarico, così come rinunciabile attraverso una remissione del debito, anche tacita, purché idonea a rivelare inequivocabilmente la sottesa volontà abdicativa”; (vi) “le controversie tra amministratori e società, anche se specificamente attinenti al profilo “interno” dell’attività gestoria ed ai diritti che ne derivano agli amministratori (quale, nella specie, quello al compenso), sono compromettibili in arbitri, ove tale possibilità sia prevista dagli statuti societari”.