La pronuncia in oggetto ha ripercorso e ribadito quali sono le caratteristiche e i requisiti necessari affinché un soggetto possa dirsi amministratore “di fatto” di una società. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che “è sufficiente l’accertamento dell’avvenuto inserimento dello stesso nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, anche in assenza di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita, da parte della società stessa […] purché le funzioni gestorie svolte in via di fatto abbiano carattere sistematico e non si esauriscano, quindi, nel compimento di alcuni atti di natura eterogenea e ed occasionale”. Potrà pertanto aversi amministrazione “di fatto” in presenza non solo del “compimento episodico e frammentario di singoli atti gestori essendo, piuttosto, necessario che le funzioni gestorie effettivamente svolte dall’estraneo si traducano in un’attività, vale a dire nel compimento stabile e sistematico, continuo e protratto per un periodo di tempo rilevante di una pluralità di atti tipici dell’amministratore”.