Ai sensi dell’art. 2486, comma 1, c.c., a seguito del verificarsi di una causa di scioglimento della società, gli amministratori conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. In caso di violazione, attiva od omissiva, di questo precetto, la legge delinea un regime di responsabilità solidale degli amministratori per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi. A questo proposito, la Suprema Corte ha ricordato che: (i) “il compimento da parte dell’amministratore, dopo il verificarsi della causa di scioglimento, di atti non aventi una finalità liquidatoria dia luogo a quell’inadempimento astrattamente idoneo a porsi come causa del danno di cui si pretende il risarcimento, prima condizione richiesta per l’affermazione della responsabilità dell’amministratore”; (ii) con riferimento ai criteri di quantificazione del danno cagionato dagli amministratori, “è consentito l’utilizzo del criterio equitativo per la liquidazione del danno purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore, e purché il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto”.