La Suprema Corte ha ribadito alcuni importanti punti fermi in materia di riduzione del capitale per perdite “gravi” al di sotto del minimo legale (artt. 2447 e 2482-ter c.c., a seconda del tipo sociale) e scioglimento della società a causa del venir meno dell’ammontare minimo di capitale sociale richiesto ai sensi di legge (art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.). In particolare, con la pronuncia in oggetto è stato confermato che: (a) da un lato, “lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o della trasformazione della società, da deliberarsi, peraltro, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo […], in quanto, con il verificarsi dell’anzidetta condizione risolutiva, vengono meno ex tunc lo scioglimento della società ed il diritto del socio alla liquidazione della quota”; (b) dall’altro, “non sussiste un termine decadenziale oltre il quale all’assemblea, a ciò convocata, sia precluso di deliberare ai sensi [degli artt. 2447 o] 2482-ter cod. civ.. Il mancato rispetto della sollecitudine che detta norma impone agli amministratori per la convocazione dell’assemblea potrà essere causa di loro responsabilità, ma non preclude all’assemblea stessa di adottare, con effetto ex tunc […], le delibere di ripianamento delle perdite in modo da ricostituire il capitale quanto meno al limite legale”.