Come noto, i soci di società di capitali hanno a disposizione svariati modi per apportare risorse economiche (fra cui il denaro) a favore della propria partecipata. Infatti, i soci possono, fra l’altro, concedere “finanziamenti soci” a titolo di mutuo e dunque con diritto al rimborso oppure erogare versamenti “in conto capitale” destinati a confluire in apposite riserve e senza alcun diritto del socio di vedere restituito quanto versato se non in sede di liquidazione della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo. A questo proposito, la Suprema Corte ha chiarito che, tenuto conto della diversa natura delle ricordate tipologie di apporti dei soci, “il prelievo delle somme [da un c.d. conto di gestione, ossia un meccanismo di finanziamento della società, alternativo all’aumento di capitale, istaurato dai soci] a restituzione dei relativi versamenti operati a titolo di mutuo, adottato in violazione [della disciplina sulla postergazione del diritto al rimborso di cui all’art. 2467 c.c., è] criminoso, integrando esso, quanto meno, la fattispecie di bancarotta preferenziale”.