In materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (cd. whistleblower), l’art. 54-bis del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – nella sua formulazione applicabile ratione temporis ai fatti di causa – prevede un particolare regime di tutela per il segnalante, il quale, al ricorrere di alcune specifiche condizioni, “non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione”. A questo proposito la Suprema Corte ha chiarito che “l’applicazione al dipendente di una sanzione per comportamenti illeciti suoi propri resta dunque al di fuori della copertura fornita dalla norma, che non esime da responsabilità chi commetta un illecito disciplinare per il solo fatto di denunciare la commissione del medesimo fatto o di fatti analoghi ad opera di altri dipendenti”. La segnalazione, pertanto, “non costruisce esimenti rispetto agli illeciti che la medesima persona avesse in ipotesi autonomamente ed altrimenti commesso, da sola o in concorso”. Si ricorda che la materia è stata recentemente riformata, in modo incisivo, dal Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24, recante attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 (Direttiva Whistleblowing).