Come noto, la riforma del diritto societario del 2003 ha riformulato in modo non trascurabile la norma di cui all’art. 2392, comma 2, c.c. Infatti, a seguito della riforma, tale disposizione prevede che “gli amministratori […] sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose” (la disciplina previgente sanciva un più oneroso obbligo di “vigilanza” sulla gestione delegata), restando inteso che tutti “gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato” in ossequio all’art. 2381, comma 6, c.c.. Con riferimento ai doveri e alla responsabilità degli amministratori di enti creditizi, la Corte di Cassazione ha recentemente avuto modo di precisare – riprendendo un orientamento di particolare rigore già espresso in passato – che “il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie […] non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business bancario, ed essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio hanno l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi”. Infatti, il livello di diligenza richiesto agli amministratori di enti creditizi, per quanto non destinatari di deleghe gestorie, è particolarmente elevato, anche alla luce dell’attività d’impresa condotta, protetta dall’art. 47 della Costituzione (“la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”).