In materia di società in house, l’art. 16 del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica) prevede che gli “statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell’articolo 2380-bis e dell’articolo 2409-novies del codice civile”, potendo dunque derogare al principio generale del diritto societario in base al quale “la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale” (art. 2380-bis, comma 1, c.c.). In tale materia, il Tribunale di Roma ha recentemente statuito che, ai sensi della citata disposizione di cui al D.Lgs. 175/2016, “l’attribuzione della gestione alla competenza degli amministratori può essere, in vario modo, limitata attraverso poteri di direttiva, avocazione e controllo al fine di realizzare quella ‘eterodirezione strategicaì di cui si è detto, ma mai completamente svuotata di contenuto come, invece, si realizzerebbe mediante la limitazione della competenza alla sola ordinaria amministrazione”. Pertanto, ad avviso del giudice capitolino, gli statuti delle società in house possono senza dubbio prevedere poteri di “controllo delle decisioni strategiche o comunque particolarmente significative (ad es., mediante l’attribuzione di poteri di direttiva, indirizzo, autorizzazione, veto)” in capo al socio pubblico di controllo, ma non possono limitare le funzioni poste in capo al consiglio di amministrazione alla sola “ordinaria amministrazione”, in quanto, in tal caso, si assisterebbe a un inammissibile “svuotamento” della competenza gestoria consiliare.