In materia di compensi degli amministratori di società per azioni, l’art. 2389 c.c. prevede che, da un lato, il compenso spettante per la carica è determinato (anche solo nel massimo) da parte dell’assemblea dei soci e, dall’altro, “la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale” (salva, anche in tal caso, la possibilità per l’assemblea di individuare un ammontare massimo). A questo riguardo la Suprema Corte ha confermato che “l’amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha per queste diritto […] ad una speciale remunerazione sempre che tali prestazioni siano effettuate in ragione di particolari cariche che allo stesso siano state conferite e che esulino dal normale rapporto di amministrazione, ossia dal potere di gestione della società”. A questo riguardo, tuttavia, occorrerà in ogni caso tenere in considerazione il fatto che la distinzione fra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non potrà porsi alla base di una simile pretesa, nella misura in cui tali atti (ordinari o straordinari) rientrino nel perimetro dell’oggetto sociale, ossia inerenti all’esercizio dell’attività di impresa.