Come noto, l’art. 2403 c.c. prevede che “il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”. Pronunciandosi sulla portata di tale previsione normativa, con particolare riferimento alla vigilanza sulle operazioni con parti correlate, la Suprema Corte ha recentemente confermato che la norma richiamata “nel delineare il perimetro del vigile intervento dei sindaci non si limita a richiedere la verifica del solo formale rispetto di legge e statuto, ma impone il controllo di principi, peraltro non sempre strettamente ricollegabili a una norma giuridica specifica, di buona amministrazione, sotto i due concorrenti profili della correttezza e dell’adeguatezza”. In particolare: (i) per “correttezza” deve intendersi “la conformazione dell’azione amministrativa ai canoni dell’interesse perseguito, della trasparenza operativa e della veridicità formale e sostanziale delle scritture contabili”, (ii) con “adeguatezza” si fa invece riferimento alla “più confacente conformazione degli assetti funzionali e organizzativi, in relazione alla scala dimensionale e operativa delle attività sociali”. Più nel dettaglio, con la pronuncia in oggetto si è chiarito che “l’attività di controllo e vigilanza dei sindaci non può essere ridotta al notarile accertamento del mero rispetto formale della procedura di legge, dovendo, invece, come si è visto, assumere corposa sostanza di sindacato della correttezza e adeguatezza dell’azione amministrativa, la quale, libera nel come, nel quanto e nel quando, non può, tuttavia, pervertire il suo scopo (l’interesse sociale), confliggere con l’interesse pubblico (e non solo dei terzi interessati) alla leggibile e veritiera scritturazione contabile, violare il canone dell’appropriatezza e proporzionalità dell’assetto”.