Nell’individuare le condotte tipiche di bancarotta “semplice”, l’art. 217 l.f. prevede che “è punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente […] ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa”. In merito a tale ipotesi di reato, la Cassazione ha confermato che: (i) “oggetto di punizione è l’aggravamento del dissesto dipendente dal semplice ritardo nell’instaurare la concorsualità, non essendo richiesti ulteriori comportamenti concorrenti”; (ii) “la scelta di ritardare la dichiarazione di fallimento deve essere, in se stessa, determinata da un atteggiamento gravemente colposo (nel reato di bancarotta semplice, la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore (anche di fatto) della società è punibile se dovuta a colpa grave che può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma, in concreto, da una provata e consapevole omissione […])”; (iii) “la sussistenza di colpa grave [non può rinvenirsi nella] mera circostanza del mancato deposito tempestivo della domanda di fallimento”.