In materia di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’art. 216, comma 1, n. 1), l.f. prevede che sia punito l’imprenditore – dichiarato fallito – che “ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti”. A questo proposito, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio: “integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come compensi, se questi sono genericamente indicati nello statuto, non sono giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione e vi sia stata determinazione del loro ammontare con delibera assembleare adottata solo pro-forma”.