In materia di reati fallimentari, come noto: (i) l’art. 216, comma 1, n. 2), l.f. sanziona penalmente l’imprenditore dichiarato fallito che “ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” (cd. bancarotta fraudolenta documentale); (ii) l’art. 217, comma 2, l.f. sanziona penalmente l’imprenditore fallito che, “durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento […] non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta” (cd. bancarotta semplice documentale); (iii) gli artt. 220, comma 2, e 16, comma 1, n. 3), l.f. sanzionano penalmente l’imprenditore dichiarato fallito che non osserva l’obbligo di deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori. A questo riguardo, la Suprema Corte ha confermato che quest’ultima ipotesi illecita può concorrere con le prime nel caso in cui “la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.