In materia di “PMI”, l’art. 4, comma 10-bis, del Decreto Legge 24 gennaio 2015, n. 3 prevede che “al solo fine di favorire l’avvio di attività imprenditoriale e con l’obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia di start-up innovative e di incubatori certificati, l’atto costitutivo e le successive modificazioni di start-up innovative sono redatti per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con le modalità previste dall’articolo 24 del codice dell’amministrazione digitale”. In attuazione di tale disposizione, l’art. 1, comma 2, del D.M. 17 febbraio 2016 del MISE ha previsto che “l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica e portano l’impronta digitale di ciascuno dei sottoscrittori apposta a norma dell’art. 24 del CAD”. Il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento del D.M. 17 febbraio 2016, fra l’altro in quanto: (i) “il potere esercitato dal Ministero attraverso il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell’ordinamento, ovvero, nello specifico, non poteva incidere sulla tipologia degli atti necessari per la costituzione delle start up innovative, così come previsti dalla norma primaria”; (ii) il Decreto, “prevedendo quale unica possibilità di redazione dell’atto costitutivo e dello statuto quella “esclusivamente informatica”, esclude – illegittimamente, in quanto in palese contrasto con la legge – l’altra delle due modalità alternative che il Legislatore aveva previsto per la costituzione della peculiare tipologia di società in discorso, vale a dire quella basata sulla redazione “per atto pubblico””; (iii) una scelta come quella operata dal Decreto si pone in contrasto con sovraordinate norme europee e nazionali (Direttive 2009/101/CE e 2017/1132/UE; Legge 29 dicembre 1993, n. 580; D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581).