Come noto, l’art. 1411, commi 1 e 2, c.c. prevede che “è valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare” (cd. contratto a favore del terzo). I patti parasociali, in quanto contratti (normalmente stipulati fra soci o fra soci e terzi esterni alla compagine sociale), possono contenere pattuizioni a favore de terzo nel senso indicato dalla citata disposizione di legge. A questo riguardo la Corte di Cassazione ha evidenziato che “[n]ei contratti parasociali, in particolare in quelli che […] abbiano designato un certo soggetto per la futura attribuzione assembleare della carica di amministratore della società, la qualificazione del patto come contratto a favore di terzo comporta dunque, secondo la sua disciplina, conseguenze rilevantissime per i soci aderenti al patto: non solo, […] ai sensi dell’art. 1411, comma 2, cod. civ., il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della mera stipulazione, potendo direttamente agire per l’adempimento, o far valere l’inadempimento, dell’obbligo assunto dai soci; ma, ai sensi della medesima disposizione, la stipulazione non è più revocabile o modificabile per volontà dei soci del patto dopo che il nominando amministratore abbia dichiarato, in modo espresso o tacito, di volerne profittare (mentre, prima di tale momento, la modifica del patto resterebbe affidata alle regole interne)”. A ciò la pronuncia in oggetto ha aggiunto che, conseguentemente a quanto appena riportato, “[o]ve non ricorra la figura ex art. 1411 cod. civ., pertanto, l’amministratore, la cui nomina e il cui compenso siano stati discussi e decisi nell’ambito di una riunione di un patto di sindacato ex art. 2341-bis cod. civ., non soltanto resta affatto estraneo, sotto il profilo strutturale, a tale accordo, ma neppure acquista automaticamente e di per sé, sotto il profilo degli effetti, un diritto soggettivo, in forza della mera conclusione del patto medesimo”.