L’art. 603-bis, comma 1, c.c. disciplina la fattispecie illecita di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (nota come “caporalato”), prevedendo che sia punito penalmente chiunque “1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”. Il comma 3 della medesima disposizione individua alcuni indici tipici di sfruttamento. A questo riguardo, la Suprema Corte ha confermato il proprio orientamento secondo cui “la mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sé costituire elemento valevole da solo ad integrare il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. caratterizzato, al contrario, dallo sfruttamento del lavoratore, i cui indici di rilevazione attengono ad una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sotto posizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio”.