L’art. 648-ter.1 c.p., nel disciplinare la fattispecie illecita dell’autoriciclaggio, prevede che debba essere punito penalmente “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”, escludendo dal campo applicativo della norma in esame i comportamenti di “mera utilizzazione” e “godimento personale”. Con particolare riferimento a queste ultime ipotesi esimenti, la Suprema Corte ha sottolineato che, in relazione alle situazioni in cui il provento del reato presupposto sia il denaro, “non integra il delitto di autoriciclaggio il versamento del profitto […] su conto corrente o su carta di credito prepagata, intestati allo stesso autore del reato presupposto [in quanto vi è] la necessità, affinché operi l’esimente, che i proventi siano impiegati necessariamente dallo stesso autore del delitto presupposto, e che tale impiego non si sostanzi in attività idonea ad occultare la provenienza delittuosa del denaro oggetto di profitto“. Ove si tratti di somme ingenti, la pronuncia in oggetto ha specificato che “lo spostamento ovvero l’impiego in qualunque forma di rilevanti somme di denaro di provenienza illecita non può beneficiare della non punibilità di cui al quarto comma dell’art. 648 ter 1 cod.pen., anche laddove tali condotte fossero finalizzate a meglio godere del denaro stesso o a far fronte a spese personali dell’autore del reato presupposto, perché si tratta di situazioni che naturalmente incidono in maniera decisiva sull’economia legale, compromettendola, sì da risolversi in una delle condotte sanzionate“.