Come noto, il Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 90, nel recepire nell’ordinamento nazionale le disposizioni di cui alla Direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (IV Direttiva Antiriciclaggio), ha apportato significative modifiche al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231. Quanto al regime di applicazione intertemporale, l’art. 69, comma 2, del D.Lgs. 231/2007 (come modificato dal D.Lgs. 90/2017) prevede che “per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all’epoca della commessa violazione, se più favorevole”. A questo riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che “in materia di sanzioni amministrative, le norme sopravvenute nella pendenza del giudizio di legittimità che dispongano retroattivamente un trattamento sanzionatorio più favorevole devono essere applicate anche d’ufficio dalla Corte di cassazione, atteso che la natura e lo scopo squisitamente pubblicistici del principio del favor rei devono prevalere sulle preclusioni derivanti dalle ordinarie regole in tema d’impugnazione”.