Come noto, l’art. 147 l.f. prevede, fra l’altro, che “la sentenza che dichiara il fallimento di una società [in nome collettivo, in accomandita semplice o in accomandita per azioni] produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”. Pronunciandosi in merito agli effetti della revoca del fallimento della società in capo ai soci illimitatamente responsabili destinatari dell’estensione personale di cui all’articolo citato, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio: “il fallimento personale del socio, da un lato, presenta una relativa autonomia, potendo il singolo contestare la propria appartenenza alla compagnia sociale o […] l’avvenuta ingerenza nell’amministrazione della società; dall’altro, è correttamente definibile – secondo un’autorevole dottrina – “dipendente” ed “accessorio” rispetto al fallimento della società stessa, poiché la revoca del fallimento sociale comporta, per automatismo giuridico, la revoca di quello personale, anche in mancanza di impugnazione da parte del socio. Si tratta, quindi, di procedimenti connessi secondo un rapporto di parziale dipendenza, nel senso che, discutendosi del fallimento della società, si pone la seguente alternativa: o la dichiarazione del fallimento sociale è confermata, sicché il singolo socio, cui viene esteso il fallimento, potrà contestarla proponendo tempestiva impugnazione; oppure la dichiarazione di fallimento della società viene revocata ed allora la pronuncia di estensione del fallimento al singolo socio (seppure, in ipotesi, passata in giudicato per difetto di impugnazione), sarà caducata in conseguenza dell’efficacia riflessa della detta sentenza di revoca”.