L’art. 2407, comma 2, c.c., come noto, nel disciplinare la responsabilità dei membri del collegio sindacale, prevede che i sindaci “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”. A questo riguardo, con la pronuncia in oggetto, la Suprema Corte ha chiarito che i sindaci devono sempre agire in ossequio ai “principi di prudenza e avvedutezza nell’attività di controllo dell’operato degli amministratori”. Inoltre, confermando una propria consolidata interpretazione della norma richiamata, i giudici di legittimità hanno ribadito che “la configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza […] non richiede l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede”. Nel caso di specie, i sindaci non avevano rilevato – né dunque segnalato all’assemblea dei soci o agli organi competenti di cui all’art. 2409 c.c. – la potenziale dannosità per il patrimonio sociale di alcuni contratti (per quanto preliminari) sottoscritti dagli amministratori in nome e per conto dell’ente di appartenenza.