Come noto, l’art. 2407, comma 2, c.c. prevede che i sindaci “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”. A questo proposito, una recente pronuncia della Suprema Corte ha rilevato che il “mancato pagamento dei tributi e l’assunzione di passività altrui [da parte degli amministratori, per conto della società] rivest[ono] una tale evidenza ed eclatanza, che non [possono di regola] non essere rilevate dal collegio dei sindaci nel corso degli anni ed in occasione dell’approvazione dei diversi bilanci”. Inoltre, nel caso di specie, la condotta negligente di un sindaco risultava ancor più aggravata dalla circostanza secondo cui egli aveva avuto una “partecipazione attiva […] all’attività di amministra[zione] delle società fallita, come consulente e come commercialista (e ciò peraltro in modo incompatibile con la carica rivestita formalmente di presidente del collegio sindacale)”. In base a tale orientamento, ove la mala gestio degli amministratori sia palese, risulta particolarmente difficile per l’organo di controllo andare esente da responsabilità.