In materia di trasformazione di società di persone in società di capitali, l’art. 2500-quinquies, comma 1, c.c. prevede, in relazione alla responsabilità dei soci dell’ente trasformando, che “la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal terzo comma dell’articolo 2500, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione”. A questo proposito, la Suprema Corte ha chiarito che “la «liberazione» dei soci illimitatamente responsabili, che risulta prevista nella norma dell’art. 2500 quinquies cod. civ. (come possibile interruzione della regola base della permanenza di responsabilità), si atteggia propriamente come un atto di rinuncia del creditore (cfr. la norma dell’art. 1236 cod. civ.): come rinuncia, ancor più precisamente, alla garanzia ex lege in cui si sostanzia la responsabilità dei soci delle società in nome collettivo”. La Corte di Cassazione ha inoltre evidenziato che a detta “liberazione” si applicano gli approdi giurisprudenziali raggiunti in materia di remissione del credito. In particolare, la remissione: (i) “quale atto abdicativo di natura negoziale, esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volontà remissoria e nei limiti da questa fissati, ossia che l’estinzione si verifichi solo se e in quanto voluta dal creditore”; (ii) “pur non essendo soggetta a particolari requisiti di forma […] non può comunque presumersi”; (iii) “se può essere frutto anche di un comportamento concludente, è tuttavia in ogni caso indispensabile che la volontà abdicativa risulta una serie di circostanze significative e inequivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito”.