Come noto, in ambito di attività di direzione e coordinamento, l’art. 2497-quater, comma 1, lett. c), c.c. dispone che i soci possono recedere dalla società partecipata (non quotata) all’inizio e alla cessazione di tale attività, qualora da ciò derivi un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento e non venga promossa un’offerta pubblica di acquisto. Questo proposito, la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare che “non è indispensabile che l’inizio della direzione e coordinamento abbia già prodotto un’immediata alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento, essendo, invece, sufficiente l’esistenza di una potenzialità modificativa (in peius) delle stesse, e che la prova di tale alterazione possa essere fornita valorizzando circostanze successive alla dichiarazione di recesso”. Inoltre, pronunciandosi sulla portata della causa di recesso (derogabile) di cui all’art. 2437, comma 2, lett. b), c.c., la medesima pronuncia ha precisato che “ai fini del recesso è sufficiente una qualsiasi modifica statutaria idonea a rimuovere i limiti alla circolazione delle azioni (sul punto, la previsione, nel caso di specie, della possibilità di cedere liberamente le azioni alle società controllate, prima non contemplata, si muove indubbiamente in quella direzione)”, non avendo alcuna rilevanza la sostanzialità o l’incisività in concreto della modifica statutaria (in quanto, fra l’altro, “in altra ipotesi di recesso concernente la modifica della clausola che disciplina l’oggetto sociale, a norma dell’art 2437 primo comma lett a) cod. civ., è stato lo stesso legislatore a richiedere espressamente la rilevanza sostanziale della modifica statutaria”).