In ambito fallimentare, l’art. 223 l.f. sancisce la responsabilità degli amministratori, dei direttori generali, dei sindaci e dei liquidatori che abbiano “cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile” (cd. bancarotta impropria da reato societario). Avendo particolare riguardo al reato di false comunicazioni sociali, la Suprema Corte ha evidenziato che: “commette il reato di bancarotta impropria da reato societario l’amministratore che, attraverso mendaci appostazioni nei bilanci, simuli un inesistente stato di solidità della società, consentendo così alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari ed ulteriori forniture, giacché, agevolando in tal modo l’aumento dell’esposizione debitoria della fallita, determina l’aggravamento del suo dissesto […], ovvero esponga nel bilancio dati non veri al fine di occultare l’esistenza di perdite e consentire, quindi, la prosecuzione dell’attività d’impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori, poiché l’evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto”.