L’art. 2495, comma 3, c.c. prevede fra l’altro che, a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese, “i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”. A questo proposito, i giudici di legittimità hanno sottolineato che “«beni» (e non solo «somme») è la parola con cui il sistema normativo, nelle sue disposizioni di portata più generale (a partire dall’art. 2740 c.c.), contrassegna l’oggetto della responsabilità patrimoniale del debitore”, sicché “il debito del quale, in situazioni di tal genere, possono essere chiamati a rispondere i soci della società cancellata dal registro non si configura come un debito nuovo, quasi traesse la propria origine dalla liquidazione sociale, ma s’identifica col medesimo debito che faceva capo alla società, conservando intatta la propria causa e la propria originaria natura giuridica”. Pertanto il regime normativo di cui all’art. 2495, comma 3, c.c. trova applicazione anche qualora i soci, in sede di riparto del residuo attivo di liquidazione, abbiano ricevuto beni o utilità diversi dal denaro.