In materia di azione revocatoria fallimentare, l’art. 67, comma 2, l.f. dispone che possono essere “revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento”. Con riferimento all’elemento della conoscenza dello stato di insolvenza (cd. scientia decoctionis), la Cassazione ha precisato che “il giudice può avvalersi di presunzioni semplici, come quella fondata sul fatto che, secondo l’id quod plerumque accidit, una notevole parte della popolazione (ivi inclusa quella che dirige o collabora all’attività d’impresa) sia solita consultare la stampa ed informarsi di quanto essa pubblica, comprese le notizie relative allo stato di dissesto della società poi fallita”. In particolare, i giudici di legittimità hanno confermato “la piena idoneità della pubblicazione di articoli di stampa […] a costituire indizio da cui – assieme ad altri – potere trarre la prova della sussistenza della scientia decoctionis da parte dell’accipiens”.