Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 individua il regime normativo della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica nel caso in cui venga commesso, nel loro interesse o a loro vantaggio, uno dei reati “presupposto” individuati nel Decreto medesimo. Pronunciandosi in merito all’elemento dell’interesse dell’ente, la Suprema Corte ha avuto occasione di chiarire che: (a) da un lato, esso deve “essere indagato ex ante e consist[e] nella prospettazione finalistica, da parte del reo-persona fisica, di arrecare un interesse all’ente mediante il compimento del reato, a nulla valendo che poi tale interesse sia stato o meno concretamente raggiunto”; (b) dall’altro, esso può ben consistere in un risparmio di spesa, ad esempio consistente nella “riduzione dei tempi di lavorazione”. Inoltre, nel caso in cui l’illecito sia riconducibile a una violazione delle norme poste a tutela delle salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, “la circostanza che il risparmio conseguito per la mancata adozione delle misure antiinfortunistiche sia stato minimo a fronte delle spese ingenti che la società affronta per la manutenzione e la sicurezza non assume rilievo” (infatti il principio della necessaria non esiguità del risparmio di spesa “può operare soltanto in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro e in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare determinate cautele, abbia agito proprio allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica”).