In materia di sequestro preventivo di partecipazioni sociali in relazione alla commissione di ipotesi di reato, la Cassazione ha recentemente ripreso e confermato un proprio orientamento ad avviso del quale “è legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società, pur se appartenenti a persona estranea al reato, qualora detta misura sia destinata ad impedire la protrazione dell’ipotizzata attività criminosa”, potendosi altresì procedere a sequestrare non solo singoli beni di proprietà della società, ma anche l’intero complesso aziendale. La Suprema Corte ha tuttavia chiarito che: (i) tale particolare tipologia di sequestro, che colpisce una persona estranea al reato, è legittima “qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni ed il reato contestato“, e (ii) “la società ‘di comodo’ e la titolarità delle sue quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non possono in sé e per sé costituire oggetto di sequestro preventivo atteso ché nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali”.