La Suprema Corte ha enunciato un importante principio di diritto in materia di amministrazione delle società di capitali. Dopo aver premesso che “L’amministratore non può spogliarsi dei suoi poteri, ai quali corrispondono i doveri derivanti dal ruolo, delegando a terzi d’amministrare la società, così aggirando le norme che si sono andate esaminando, o, comunque, rendendo vieppiù difficile verifiche, controlli e direttive”, i giudici di legittimità hanno sottolineato che l’ordinamento societario “non impedisce all’amministratore di delegare a un terzo il compimento di uno o più atti o lo svolgimento d’una attività, purché attraverso la delega, per ampiezza, rilievo economico e durata nel tempo, non si ponga in essere un succedaneo del potere d’amministrare la società, assegnato dalla legge esclusivamente agli amministratori, i quali dell’esercizio di un tale potere sono chiamati a rispondere alla società”. Sulla scorta di tali premesse è stato enunciato il seguente principio di diritto: “All’amministratore di una società per azioni non è consentito delegare a un terzo poteri che, per vastità dell’oggetto, entità economica, assenza di precise prescrizioni preventive, di procedure di verifiche in costanza di mandato, facciano assumere al delegato la gestione dell’impresa e/o il potere di compiere le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, di esclusiva spettanza degli amministratori”.