L’art. 648-ter.1 c.p. disciplina la fattispecie illecita dell’autoriciclaggio, prevedendo che debba essere punito penalmente “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. A questo proposito, analizzando la rilevanza delle operazioni aventi ad oggetto cripto-attività, la Corte di Cassazione ha concluso per la rilevanza delle stesse ai fini dell’applicazione della norma richiamata, in base al seguente ragionamento: (i) “l’indicazione normativa ex art. 648 ter.1 cod. pen. delle attività (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, può essere impiegato o trasferito, lungi dal rappresentare un elenco formale delle attività suddette, appare piuttosto diretta ad individuare delle macro aree, tutte accomunate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico”; (ii) “le valute virtuali possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore a fini di risparmio ed investimento”; (iii) “la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, in quanto […] è possibile garantire un alto grado di anonimato (sistema cd. permissionless), senza previsione di alcun controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito”.