Con riferimento alle possibili conseguenze del prelevamento di compensi da parte degli amministratori in presenza di una situazione di insolvenza, la Suprema Corte ha ricordato che: (i) da un lato, “la condotta dell’amministratore che prelevi somme dalle casse sociali a titolo di pagamento di competenze, solo genericamente indicate nello statuto e in assenza di una delibera assembleare autorizzativa, integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione”; (ii) dall’altro, tenuto conto del fatto che la deliberazione assembleare di attribuzione di un determinato compenso “non è elemento costitutivo del suo diritto, ma solo fonte del relativo accertamento e della conseguente liquidazione”, “ove l’amministratore prelevi una somma congrua rispetto al lavoro prestato, la sua condotta, pur qualificabile in termini di bancarotta preferenziale, non ha valenza distrattiva, in quanto non incide sulla consistenza patrimoniale della società (avendo egli diritto al compenso), ma solo sulla par condicio creditorum”.