Come noto, l’art. 2383, comma 3, c.c. prevede che gli amministratori di società per azioni “sono revocabili dall’assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il diritto dell’amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa”. Con riferimento alla qualificazione di quali situazioni e comportamenti possano integrare una “giusta causa” di revoca – la cui presenza è rilevante non tanto per la revoca in sé considerata, quanto piuttosto per il profilo patrimoniale dell’eventuale risarcimento da liquidare all’amministratore revocato – i giudici fiorentini hanno ricordato che “Se potenzialmente qualsiasi situazione sopravvenuta, anche estranea all’operato degli amministratori, è suscettibile di elidere e far venir meno il patto fiduciario tra soci e consiglio di amministrazione, le cause della rottura del pactum [nel caso di specie: dissidi disfunzionali verificatisi all’interno del consiglio di amministrazione]devono comunque poter essere chiaramente dedotte dalla delibera assembleare di revoca”, considerato che “la revoca è atto dell’assemblea ed in seno ad essa le ragioni della revoca trovano la loro ponderazione e valutazione”.