Come noto, l’art. 215 c.p.c. mira a regolare i rapporti fra controversie dipendenti l’una dall’altra, disponendo che “il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa”. A questo proposito, pronunciandosi in relazione alla promozione di un’azione sociale di responsabilità ai sensi dell’art. 2393 c.c., la Corte di Cassazione ha avuto modo di enunciare il principio di diritto ad avviso del quale (i) ove l’attore in sede civile abbia avuto “l’opportunità di costituirsi parte civile nel procedimento penale [ma abbia] liberamente scelto di non costituirsi ivi”, e (ii) manchi “ogni pregiudizialità della decisione da prendersi in sede penale rispetto al giudizio civile”, allora (iii) il procedimento civile non deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., essendo tali giudizi autonomi e separati. Ciò non toglie tuttavia che il giudizio civile debba essere sospeso nelle seguenti due ipotesi: (a) “allorché l’azione civile […] sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile in sede penale o dopo la sentenza penale di primo grado, in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno”, (b) ove “alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile”.