La pronuncia in oggetto ha ribadito un importante punto fermo in materia di responsabilità degli amministratori “di diritto” in caso di commissione di un reato fallimentare, così precisando la loro posizione rispetto a quella degli (eventuali) amministratori “di fatto” che conducano, in concreto, le attività gestorie di conduzione dell’attività sociale. In particolare, la Suprema Corte ha espresso il principio – consolidato nella propria giurisprudenza – ad avviso del quale “l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili (anche se sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari”. Pertanto, dalla semplice presenza di amministratori di fatto non può farsi discendere l’esonero da responsabilità degli amministratori di diritto estranei ai centri nevralgici della gestione sociale.
Cass. Pen., Sez. V, 10 gennaio 2022, n. 341