L’art. 30, par. 1, lett. b), del Regolamento (UE) n. 596/2014 relativo agli abusi di mercato (Market Abuse Regulation o MAR) prevede che, “fatti salvi le sanzioni penali e i poteri di controllo delle autorità competenti a norma dell’articolo 23, gli Stati membri, conformemente al diritto nazionale, provvedono affinché le autorità competenti abbiano il potere di adottare le sanzioni amministrative e altre misure amministrative adeguate in relazione [fra l’altro alla] omessa collaborazione o [al] mancato seguito dato nell’ambito di un’indagine, un’ispezione o una richiesta di cui all’articolo 23, paragrafo 2”. A questo riguardo, pronunciandosi sul diritto a mantenere il silenzio di una persona fisica sottoposta a un procedimento sanzionatorio amministrativo per abuso di informazioni privilegiate e ai correlati profili di responsabilità, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha enunciato il principio secondo cui “l’articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato), e l’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6 e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione, letti alla luce degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi consentono agli Stati membri di non sanzionare una persona fisica, la quale, nell’ambito di un’indagine svolta nei suoi confronti dall’autorità competente a titolo di detta direttiva o di detto regolamento, si rifiuti di fornire a tale autorità risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere penale oppure la sua responsabilità penale”. In applicazione di tale principio, la Corte ha dichiarato che “il diritto al silenzio non può giustificare qualsiasi omessa collaborazione con le autorità competenti, qual è il caso di un rifiuto di presentarsi ad un’audizione prevista da tali autorità o di manovre dilatorie miranti a rinviare lo svolgimento dell’audizione stessa”.